Massimo Bacigalupo
 
In memoriam Seamus Heaney 1939-2013
 

Seamus Heaney in una famosa poesia parla della Repubblica della Coscienza, dove alla dogana un vecchio ti mostra la foto di tuo nonno e una donna ti  chiede gli antichi incantesimi della tua terra "per curare i sordomuti e scacciare il malocchio". Non ci sono facchini o taxi. Ognuno porta il proprio fardello. La nebbia è considerata di cattivo auspicio ma il fulmine "annuncia fortuna universale". Quando si riparte si è dichiarati ambasciatori ufficiosi, e l'incarico è perpetuo. 

      Heaney, che è mancato improvvisamente e prematuramente ai suoi tanti lettori e amici il 30 agosto 2013, era appunto questo, un ambasciatore della Repubblica della Coscienza. Irlandese del Nord, aveva conosciuto da sempre il conflitto confessionale e sociale e il modo problematico con cui la cultura vive all'ombra della politica. Ma aveva anche capito che attraverso le parole visionarie dei poeti era possibile comprendere i conflitti, non restarne travolti, senza per questo ignorarli e minimizzarli. Nei suoi primi libri aveva trovato ispirazione nelle foto di vittime sacrificali recuperate dagli acquitrini danesi e risalenti a epoche preistoriche. Nella ragazza dalla gola tagliata aveva visto una sorella delle giovani cattoliche di Belfast incatenate alle ringhiere per aver amoreggiato con i soldati inglesi, e si era identificato con la folla minacciosa, pur provando pietà e notando il ricorrere di questi gesti come un circolo da cui non si sfugge. In quegli acquitrini insanguinati si sentiva, scrisse, “a casa”.

     La campagna dove era cresciuto fra torbiere, covoni, rosari, sensali (il mestiere del padre) gli aveva fornito un altro campo di riferimento. Studiò i classici antichi e moderni (forse i suoi pensavano di farlo prete) e scoprì che nella poesia più universale vivono particolari concreti e umili: proprio quello di cui era fatta la sua vita di bambino e ragazzo. Dopo tutto Dante per descrivere il crepuscolo scrive: "Quando la mosca cede alla zanzara". Cosa potrebbe essere più semplice e vero? 

     Così Heaney trovò la sua forza nella convinzione che la sua esperienza diretta era la guida più sicura della parola poetica, per quanto colta essa potesse diventare attraverso anni di studi e viaggi nelle capitali e omaggi da parte di illustri università. (Parabola descritta argutamente in “Alfabeti”: “Il globo ha fatto un giro. Lui ora sta in una O di legno. / Allude a Shakespeare. Allude a Graves. / Il tempo ha raso al suolo la scuola e la finestra...”) Ancora l'anno scorso Heaney è diventato cittadino onorario di Mantova, e ne andava fiero. Concittadino di Virgilio, un altro poeta contadino che visse sulla sua pelle le violenze della storia, e le cantò in una poesia dolorosa, aperta all'umano, consapevole addirittura dei destini universali dell’uomo.  

     La raccolta d'autore delle sue poesie, che presto potremo leggere in un Meridiano  Mondadori, si intitola Opened Ground — terra aperta – e si apre con la celebre e programmatica poesia "Scavare" dove Heaney ricorda il padre che vanga la terra per cavarne le patate ed evoca i suoni delle zolle bagnate smosse. (Si è detto che la sua poesia rappresenta, incarna nei suoni, quel che descrive.) Ma conclude dicendo che la penna che egli tiene in mano, "tozza come una pistola", sarà la vanga sua: "Scaverò con quella".

    Il lavoro della poesia è uno scavo ma ha anche analogie con il lavoro dell'artigiano. Heaney ha sempre lavorato intensamente: dodici raccolte poetiche, fra le principali del secondo '900, traduzioni dell'Antigone e del Filottete, una versione del monumentale poema anglosassone Beowulf, libri di saggi i cui titoli indicano bene il suo programma: Il riscatto della poesia, Il governo della lingua (cioè la lingua deve essere governata, moderata, ma deve anche avere il coraggio di governare; e la poesia deve essere difesa e insieme è nostra difesa). E poi ha insegnato a lungo in Irlanda, America e Inghilterra, e anche quando è stato incoronato quasi poeta laureato di fine millennio non ha mai cessato di essere disponibile. Le sue letture erano eventi memorabili. Ancora a maggio di quest'anno era nella sua Mantova a parlare a centinaia di ragazzi, felicissimo di poter mettere nella loro mente una parola essenziale. Professava la poesia, non in modo retorico e generico, ma conferendo la certezza che possono bastare alcuni versi a dar senso alla vita. 

      Nel 1995 Heaney ebbe il Premio LericiPea e la sua presenza nei luoghi di Shelley e Byron fu ancora una volta un esempio di impegno e disponibilità. Invitato a parlare, non si accontentava di abbozzare qualche parola d’occasione ma lavorava ai suoi testi come alle sue poesie, che passavano attraverso molte varianti. Heaney non si risparmiava. Negli ultimi anni si sentiva in alcune sue pagine il presentimento che la sua parabola stesse per chiudersi. L'ultimo libro, Catena umana, va veramente letto e riletto con attenzione commossa. Non che all'irlandese Heaney mancasse lo spirito e la battuta, ma a lui come a pochi si confaceva la ben nota espressione montaliana, "decenza quotidiana". E lo sentiamo nei suoi versi.

30 agosto 2013 
 
 
 
 

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